Intervista a Sassari: Ieri… oggi… domani

 zicconi

Intervista di Benito Olmeo

  1. D) Raccontati un po’, Paolo…
  2. R) Quest’anno compio cinquantasei anni, che è un percorso di vita considerevole. Per raccontarmi dovrei individuare tre fasi: l’infanzia, gli anni del liceo e , poi, del Conservatorio. Infine quelli dell’età più matura, dall’inizio della professione ad oggi. Diciamo che da ventinove anni insegno Educazione Musicale, e da altrettanti canto e mi dedico alla musica a livello un po’ più pubblico. In mezzo, gli studi al Liceo Classico, il mondo della radio, il giornalismo . La mia indole risente delle origini familiari. Sono espansivo come i napoletani, per esempio: ed in questo caso eredito i caratteri della mia nonna paterna. In altri momenti  sono invece chiuso e spigoloso,anche un po’ permaloso come l’altra componente ligure, che eredito dalla famiglia di mia madre  Se aggiungi che sono sardo e nato ad Alghero, il quadro è completo. Sono un puro meticcio.

 

  1. D) La musica ti conquista presto. Come è nata questa passione?
  2. R) La musica mi conquista dalla culla. Mio padre mi cantava canzoni per farmi addormentare. Prima di imparare a leggere e scrivere, distinguevo perfettamente i dischi delle canzoni. I miei giochi da piccolo prevedevano spesso un palcoscenico, sul quale ero un piccolo saltimbanco ed organizzavo i festival delle canzonette, coinvolgendo anche i miei compagni di giochi. In quel momento storico il Festival di Sanremo era l’evento per eccellenza, e così mi immaginavo cantante sopra un palco estemporaneo, creato con mezzi di fortuna; ed ai miei piccoli amici assegnavo il ruolo del coro di Nora Orlandi.  La Messa domenicale – che mia mamma non perdeva per nessuna ragione e che non potevo evitare – era per me una sorta di allestimento teatrale che mi divertivo a riproporre  nei giochi con gli amici, utilizzando la consolle di casa. Il paramento sacro era la prima tovaglia che mi capitava tra le mani. Unica “fedele”di questo rito improvvisato era mia nonna, spettatrice peraltro molto infastidita da quello che lei considerava  un oltraggio alla religione.  A cinque anni ho visto a casa di mia cugina un pianofortino  giocattolo della Upim, ho posato le dita ed ho eseguito miracolosamente le note della celebre “Come prima” di Tony Dallara, della quale a casa avevamo il vinile a 45 giri. Mia zia è rimasta  allibita ed ha avvertito mio padre, che inizialmente non ha dato importanza alla cosa. Negli anni della scuola elementare la mia timidezza di fondo era temperata da un atteggiamento tendente alla teatralità. Imitavo le voci e la mimica dei cantanti, spesso in maniera credibile. Una sera i miei genitori – contravvenendo alle abitudini dell’epoca secondo le quali i bambini, a certe ore, dovevano stare a casa –  mi hanno portato al Cinema Teatro Selva di Alghero.  Era prevista una rappresentazione straordinaria del “Rigoletto” di Giuseppe Verdi. Forse  l’eccitazione per l’eccezionale uscita notturna, l’imponenza delle scene e la presenza dell’orchestra, hanno generato la scintilla. Sono rimasto folgorato ed ho memorizzato in parte alcune arie dell’opera. Da quel momento il mio talento di imitatore si è dedicato anche alla lirica, per cui i miei acuti nell’aria verdiana “La donna è mobile” sono diventati ben presto popolari tra i compagni ed i vicini di casa.  Durante la scuola elementare la segretaria mi faceva chiamare dalla classe per farmi cantare. Esercitavo i miei primi e teneri capricci divistici:  esigevo una sedia a disposizione,  sulla quale salivo per l’esecuzione delle arie richieste. Era il mio primo ed indimenticabile palcoscenico. I miei ricordi dell’infanzia vedono la musica in primo piano, come è stato per tutta la mia vita.

 

D)Non sei  solo un ottimo musicista e cantante.  Da giovane hai lavorato anche con la televisione e per varie testate giornalistiche del territorio. Mi  racconti quel momento insolito?

  1. R) La passione per la musica era parallela a quella per lo spettacolo. Negli anni ’70 nascevano le prime radio locali: erano le radio libere, fenomeno che da subito ha catturato il mio interesse.  A partire dalla prima media ero anche un CB (radioamatore di banda cittadina) che era un modo alternativo di assecondare la mia passione per il microfono. Quando, durante gli  anni del Liceo, ho iniziato a collaborare con la prima radio della mia città, che fu tra le prime in Italia, avevo già una discreta dimestichezza con il mondo delle trasmissioni. Nel 1980  è nata ad Alghero Tele Riviera Corallo, la prima televisione locale. Ho intrapreso l’attività di speaker del telegiornale, ed ho scritto qualche articolo di cronaca musicale. All’inizio degli Anni Ottanta la redazione locale de La Nuova Sardegna mi ha domandato la disponibilità per la stesura di qualche articolo culturale in cronaca cittadina. Da li la collaborazione anche con la pagina della cultura per la quale, tra le altre cose, ho recensito l’Estate Musicale Internazionale di Alghero che in quel periodo richiamava i migliori concertisti di rango internazionale. In questo ruolo mi sono alternato con un mito del giornalismo isolano che per ragioni di salute non poteva seguire tutti i concerti, e che di li pochi anni ci avrebbe lasciati : Aldo Cesaraccio. Nello stesso periodo ho collaborato con un quindicinale di Cagliari. “Telecomando” era un bel giornale dalla veste grafica ricercata, che non ha conosciuto una lunga stagione editoriale. La radio e la televisione  – come l’apprendistato con la carta stampata – sono state una parentesi molto piacevole, che mi ha insegnato tanto.

 

 

  1. D) Quanto ha influito a livello artistico e professionale, la tua Alghero?
  2. R) Alghero è un’isola nell’isola. Da alcuni anni sta riallacciando quel filo culturale con la Sardegna. Il senso di appartenenza alla cultura catalana, espressa non di meno anche a livello linguistico, ha determinato in modo involontario e quasi automatico un atteggiamento distaccato dalla cultura e dall’etnia sarda, se non lievemente ostile. Trent’anni fa ero fra quanti ritenevano necessaria la ripresa di questo legame con la Sardegna, che vanta una delle aree popolari più importanti in Europa e nell’intero bacino mediterraneo. Gli elementi linguistici e culturali lasciati dal transito spagnolo in Sardegna sono evidenti. Ho sempre pensato che Alghero, con la sua cultura di matrice catalana, offra un corposo contributo alla varietà musicale e linguistica della Sardegna. In questo humus sono nato. A dieci anni ho preso le prime lezioni di pianoforte dal M° Nannarelli, il primo codificatore delle antiche canzoni di Alghero. Ancora adolescente mi sono trovato accanto ai personaggi che di quella cultura e canzone erano i maggiori esponenti: i poeti Rafael Catardi, col quale addirittura collaborai alla musica della sua poesia “La Flor”; e poi Rafael Sari e Pasquale Scanu, Ballero De Candia e Francesco Manunta. Ho incontrato musicisti come Giuseppe Loi e Antonio Cao, fino ai più recenti cantautori Pasqual Gallo e Pino Piras, Antonello Colledanchise e  Paolo Dessì. Alghero ha influito tanto nella mia formazione, dal momento che nella sua tradizione popolare ho mosso i miei primi approcci musicali. Poi è scoppiato l’amore per la Lirica. Ho studiato canto a Sassari nel Conservatorio   “Canepa”: era il 1979. In quel momento l’edificio era molto  più piccolo e meno bello dell’attuale.  Anche l’offerta dei corsi era decisamente più limitata. Per contro, ci conoscevamo tutti e i contatti tra noi studenti e persino con gli insegnanti non nostri erano favoriti da un ambiente più familiare e cameratesco. Inoltre il Conservatorio sassarese viveva una stimolante stagione di rinnovamento, con l’ingresso di docenti giovani ed eclettici, che introducevano un linguaggio nuovo ed attento ai cambiamenti. Sono stato fortunato allievo di due maestri come Antonio Costa e Marco Piras . Il primo è stato direttore della Corale Canepa, non di meno compositore e fondatore dei Bertas. Il secondo è la chitarra solista e l’arrangiatore dello stesso gruppo e di altri artisti  di prima grandezza della scena regionale e non solo. Sono stato compagno di corso di musicisti che oggi ricoprono un ruolo di primo piano. Grazie a questi maestri, complici anche le lezioni di Storia della Musica di Antonio Ligios – l’attuale direttore –  ho iniziato a scoprire la musica e la tradizione popolare sarda, che prima di allora mi appariva una realtà estranea e difficile da interpretare. Mi sono diplomato in Canto Artistico nel 1984: oggi è riconosciuto come corso di laurea.  Il risultato di tutte queste esperienze è stato il CD “ Andiras”,  registrato nel 1999 con gli arrangiamenti di Marco Piras e  l’Orchestra diretta da Daniele Manca, uno dei miei valenti compagni di corso.

 

D)I tuoi studi sono classici. Il perfezionamento ti  conduce a corsi in giro per l’Italia con  grandissimi Maestri, quali Luciano Pavarotti e Joann  Doremann del Metropolitan di New York. Quanto ha influito questo nella tua crescita artistica e umana?

  1. R) Pavarotti fu un corso legato all’Opera di Filadelfia. Lo stage era finalizzato alla scoperta di nuove voci da portare oltre oceano. L’esperienza si svolse in due fasi: una prima dell’estate, e l’altra pre-natalizia. Il grande artista emiliano ci ascoltava ed istruiva, seduto nel Palco Reale del Teatro di Modena, circondato dai suoi collaboratori. Tra questi il M°.Tonini, sostituto del Teatro alla Scala. Pavarotti mi fece i complimenti per la voce, e mi diede qualche suggerimento sull’impostazione di un’aria . Eravamo oltre centocinquanta allievi. Ricordo un gustoso aneddoto: dopo le audizioni ho incrociato il Maestro nelle strettissime scale di servizio dei palchi di proscenio. Pavarotti scendeva, ed io affrontavo la salita. Le nostre moli erano corpulente e la rotta di collisione è stata inevitabile. Abbiamo dovuto  attuare alcune divertenti manovre per disincagliarci. A onor del vero devo dire che benché la vita mi abbia concesso il privilegio di incontrare Pavarotti, ho sempre amato maggiormente Placido Domingo.  Joann Doremann era preparatissima. Una donna ricca e prodiga di suggerimenti, che ha interagito con il meglio dell’opera mondiale, compresi i registi ed i direttori d’orchestra. Non posso dimenticare altri due giganti come Franca Valeri ed il  M°Maurizio Rinaldi , che ha conosciuto il mio debutto ed ha guidato numerose rappresentazioni e concerti. Ricordo con piacere i miei Maestri di canto Romolo Castiglioni e Walter Cataldi -Tassoni; ed Andrea Orlando per il pop. Un raro capitale di cultura e talento, che la breve o lunga frequentazione mi ha offerto. Ho potuto attingere a piene mani da questo tesoro di valori umani ed artistici.

 

D)Ho una curiosità, Paolo. Come è possibile che un artista lirico si sia avvicinato all’esplorazione del cantautorato italiano? Mi spieghi come il tuo canto abbia fuso due esperienze così diverse?

  1. R) Ti aspettavo al varco! Mi aspettavo il tuo quesito. Dai miei racconti hai capito che la musica pop ha accompagnato la mia vita esattamente come la lirica e la musica strumentale colta. Mio padre era un grande appassionato di musica, ed ascoltava ogni genere. La mia famiglia vanta molti cultori. Un cugino di mio padre , purtroppo morto prematuramente, aveva studiato canto con il leggendario baritono Tita Rufo  alter-ego di Caruso. E suo fratello Ciccillo Guarino ha contribuito alla trasformazione del Liceo Musicale di Sassari in Conservatorio, diventando il suo presidente, e più tardi presidente della Corale Canepa e sindaco di Sassari. Queste mie precisazioni aiutano a comprendere l’importanza dell’ambiente nella propria formazione e nelle proprie scelte. La musica, dalla canzone napoletana a quella italiana fino all’opera lirica, era l’aria che respiravo da bambino. La canzone d’autore non è stata una scoperta tardiva.  E’ piuttosto come riprendere il filo di un discorso  Forse era rimasto sopito per il prevalere di altre scelte nel mio cammino artistico. Dopo la parentesi lirica  – ho amato e amo l’opera, molto meno l’ambiente e la vita del cantante lirico – ho sentito la necessità di riprendere un discorso più libero e creativo.  Per un biennio ho fatto il tastierista della rock-band  locale “I Soliti Ignoti”, che ha imperversato nei night e nelle discoteche algheresi a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 , e che alcuni anni fa ha voluto riprendere questa avventura, anche se per poco. Non parlerei di fondere le due tecniche di canto. L’opera e la canzone si cantano in maniera diversa, anche se con la propria voce e secondo la propria natura. Alla fine noi non siamo contenitori vuoti, ma la summa delle nostre esperienze artistiche rappresentano un condensato. Se queste esperienze sono state vissute intensamente, sono difficili da cancellare nel tempo. Sono il nostro bagaglio culturale, la bandiera artistica che ci caratterizza e rende singolari. Cancellarle sarebbe un po’ come cancellare artisticamente noi stessi.

 

  1. D) Nel 2013 nasce un ottimo lavoro in collaborazione con Maria Vittoria Conconi. “In qualche parte del mondo” ed il cd omonimo svelano un Luigi Tenco meno conosciuto dal pubblico. Mi racconti il prodotto di questo studio?
  2. R) Luigi Tenco è stata la chiave ed il pretesto involontario per riprendere il filo della canzone d’autore, che ha accompagnato il mio percorso . Nel gennaio del 1967 ero in seconda elementare. Ricordo quella notte, che ha preceduto il  suicidio di Luigi Tenco. Ero davanti al televisore con la mia famiglia: ed era l’edizione numero diciassette del Festival di Sanremo, per gli scaramantici. Sinceramente non ricordo la sua esibizione. Forse ero già andato a dormire, o magari  in quel momento non era conosciuto come gli altri divi della canzone italiana dell’epoca. Ma fu uno choc generale, la notizia della sua tragica fine appresa alla radio. In classe eravamo quasi increduli, e parlavamo a fatica dell’accaduto. Tutto il giorno la radio trasmetteva commenti ed aggiornamenti, in un angoscioso crescendo. Mi hanno sempre colpito la canzone “Ciao amore ciao”e la voce stessa di Luigi che la interpretava. Questo brano veniva trasmesso quasi ossessivamente nei giorni successivi all’evento luttuoso.  Ho sempre percepito in questa canzone ,a prescindere dal significato testuale, un sinistro presagio di tragedia,  ed un sottinteso commiato dagli affanni quotidiani di Luigi. Prima di quella sera Tenco era la voce sconosciuta che mi irritava quando scandiva la fine degli episodi delle avventure del Commissario Maigret in TV.  Al termine dello sceneggiato magistralmente interpretato da Gino Cervi  arrivava, infatti,  un riff di chitarra che introduceva la bellissima(questo l’ho capito dopo)   “Un giorno dopo l’altro”, che sospendeva la mia curiosità intorno agli indizi  da svelare nella puntata successiva. La tragica morte di Luigi Tenco è stata vissuta dall’immaginario collettivo come una tragedia imprevedibile in un contesto come quello. Resta sicuramente un ricordo forte nell’infanzia di un bambino attratto dalla musica e dai  bagliori dello spettacolo. Ma  è stata molto di più:  ha  storicamente tracciato lo spartiacque invisibile tra la canzonetta e la canzone d’autore . Solo pochi anni, i cantautori acquistavano  una valenza superiore nella mia coscienza,e non solo nella mia, sull’onda emotiva della morte di Tenco. Diversi anni fa ho curiosato in un sito web, il primo in italia dedicato all’arte ed alla vita dello sfortunato artista. Non eravamo in tanti, ma erano presenti alcuni che considero tra i più qualificati studiosi di Luigi. Tra loro una giovane intellettuale sarda, che si celava dietro uno pseudonimo, e che presto avrei incontrato. Era Maria Vittoria Conconi,  che dipingeva le tele più famose del web dedicate all’opera del poeta. Maria Vittoria anima  – con il  marito Antonello Lullia –  l’ associazione dei giovani universitari di Sassari “Materia Grigia”.  La loro attività favorisce la nascita di laboratori teatrali nel Teatro Ferroviario, diretti da suo fratello: il regista Pier Paolo Conconi.  Nel 2010 nasce l’idea di un laboratorio dedicato a Luigi Tenco, intitolato “La forza delle parole”. Sono stato invitato a curare la parte musicale, che conoscevo egregiamente.  E’ stata un’esperienza emozionante,  che ha coinvolto alcuni tra i maggiori scrittori e studiosi nazionali di Tenco. Durante le loro conferenze avevo il compito di intervallare gli interventi con le canzoni, accompagnato  dal mio pianoforte e dal sax del bravissimo Mauro Uselli. Questa iniziativa è arrivata alle orecchie della famiglia Tenco. Una telefonata a Maria Vittoria  ha favorito la loro inattesa presenza nell’ultimo incontro del seminario. L’esperimento pioniere è stato così felice che, da quel momento, Materia Grigia e il teatro Ferroviario hanno dedicato i successivi laboratori al mondo della musica. I successivi incontri sono stati dedicati al rock progressive ed a Giorgio Gaber, a Lucio Battisti ed a Fabrizio De Andrè, con la partecipazione di altri grandi nomi della critica. Quel contesto ha generato l’impulso di  un CD-tributo a Luigi Tenco , durante una cena con me e Maria Vittoria, Patrizia Tenco e  Mario Dentone – all’epoca biografo ufficiale di Luigi Tenco – a tavola. Da subito si è scelto di privilegiare il recupero e l’ascolto le pagine meno conosciute delle ricorrenti  “Vedrai vedrai” e “Mi sono innamorato di te”,”Lontano lontano” e la stessa “Ciao amore”. Abbiamo riscoperto un Tenco a 360°, con le sue ballate ironiche di impronta teatrale  ed il momento rock, e le pagine malinconiche ed esistenziali di corredo alle hit più famose. Un lavoro appagante, che è durato due anni. Mi ha portato a collaborare con validissimi musicisti di estrazione jazzistica. Gli arrangiamenti di Sergio Fadda e Roberto Giglio e il grande contributo strumentale di  Marcello Peghin, Salvatore Maltana, Paolo Zuddas , Nicola Muresu, Davide Salvatore Masu e Gian Mario Solinas mi hanno avvicinato ad un mondo musicale, che credevo lontano dal mio gusto. Ma anche Emanuele Dau, Mauro Uselli – ed il bravissimo e compianto fisarmonicista Claudio Catalli dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore – mi hanno condotto alla scoperta di un arrangiamento nuovo ed affascinante, del quale sono imprevisto esecutore. Da questo lavoro discografico è nato un concerto alla cui formazione strumentale si è aggiunto il pianista Mariano Tedde. Facile immaginare quanto sia stata una bella esperienza , e un bel dono per la mia vita nella musica.

 

  1. D) So che adesso sei completamente assorbito da un nuovo spettacolo, che con l’ Associazione Materia Grigia sta facendo il giro dei teatri, con un notevole successo di pubblico e critica. Anche stavolta presenti i grandi cantautori italiani : Luigi Tenco, Giorgio Gaber, Fabrizio De Andrè, Sergio Endrigo e Piero Ciampi. Pensi che possa essere il tuo nuovo percorso artistico?
  2. R) Il recital si è svolto nel Palazzo di Città sassarese nello scorso mese di gennaio. In questo momento non si prevedono repliche. Non escludo altre date, magari da Alghero. E’ una sorta di Volume Uno della canzone d’autore italiana, che coinvolge De Andrè e Ciampi, Gaber ed Endrigo. Nello spettacolo è previsto un omaggio alla canzone francese esistenzialista del belga Jaques Brel; a Luigi Tenco, stavolta,un angolo più marginale limitato al bis finale. La conferma della data sassarese mi è arrivata in extremis. Ho rinunciato a malincuore ai musicisti blasonati , impegnati in altri concerti e prove. Ma dagli incidenti di percorso nascono le cose vincenti. Infatti, ho giocato la carta sorprendente di alcuni giovani artisti del rock tra i più validi di casa nostra:  Antonio Fortunato, Sergio Intelisano e Stefano Oggiano. I tre promettenti  giovani sono stati affiancati dall’esperienza di un grande chitarrista come Marcello Peghin, l’unico tra i musicisti dell’altra formazione che ha potuto dare disponibilità. L’attore algherese Pier Luigi Alvau ha letto i testi più significativi, esaltandone la poeticità. I giovani hanno un vigore ed un entusiasmo particolari, ed hanno regalato al concerto la freschezza e la passione. E’ stato bellissimo, l’inatteso abbraccio tra generazioni.  Abbiamo trascorso intere nottate dedicate alle prove, in un’atmosfera vivace e qualche volta goliardica . Ho programmato delle repliche di questo recital e la costruzione del progetto di un Volume Due.

 

  1. D) ) Chi è in realtà Paolo Zicconi?
  2. R) Un uomo libero di cantare quello che desidera. Una persona che ama quello che canta, e si diverte.

 

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